L’alternanza scuola-lavoro è un modello di apprendimento che permette ai ragazzi della scuola secondaria superiore di svolgere una parte della propria formazione presso un ente del territorio o un’impresa.
Anche se se ne è parlato soprattutto negli ultimi mesi, dopo il rafforzamento durante il governo Renzi, non si tratta di un sistema nuovo: venne introdotto dal decreto legislativo 77/2005. La riforma cosiddetta della “Buona Scuola” aveva previsto (art.1, co. 33, l. 107/2015), a partire dall’anno scolastico 2015/16, un impegno minimo di 200 ore complessive per tutti gli studenti degli ultimi tre anni dei licei, e di 400 ore per gli studenti degli ultimi tre anni degli istituti tecnici e professionali.
La Nota di aggiornamento al Def 2018, in linea con quanto promesso all’interno del Contratto di governo, scriveva che, per quanto riguarda l’alternanza scuola-lavoro, si voleva intervenire per rendere i percorsi di maggiore qualità e attinenza rispetto agli studi intrapresi, con un monte ore ridefinito in base al percorso scolastico.
La legge di Bilancio per il 2019, con lo scopo dichiarato di migliorare la qualità del servizio, ha ridotto (art. 1 co. 784) l’orario minimo obbligatorio dell’alternanza scuola-lavoro (ora rinominata «percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento»): 90 ore nei Licei, 150 ore negli Istituti tecnici e 210 ore negli Istituti professionali.
Ad agosto 2019 – con cinque mesi di ritardo rispetto a quanto stabilito dalle legge di Bilancio per il 2019 – il Miur ha annunciato le nuove linee guida che spiegano agli istituti scolastici come rimodulare i fondi e le esperienze degli studenti.
Hanno detto che:
19 settembre 2018: «L’alternanza scuola-lavoro non deve essere un apprendistato occulto, ma una modalità formativa, uno strumento didattico che arricchisce il percorso degli studenti di #competenze trasversali» (Marco Bussetti, ministro dell’Istruzione)
3 settembre 2018: «Arriveremo più o meno a metà delle ore di scuola-lavoro nei licei, gli studenti degli istituti tecnici ne faranno alcune di più, perché è un’esperienza che ha avuto risultati positivi ma è stata molto faticosa e non sempre funziona» (Marco Bussetti, ministro dell’Istruzione)