La pressione fiscale è il totale delle entrate per tasse e contributi, in percentuale sul Pil: in Italia è considerata molto alta, in confronto con gli altri grandi Paesi europei e soprattutto in relazione alla qualità dei servizi offerti dallo Stato.
Secondo i dati della Banca d’Italia, negli ultimi sei anni si è assistito a una costante diminuzione della pressione fiscale nel nostro Paese, passata dal 43,6 per cento del 2012 al 42,1 per cento del 2018 (senza considerare nel calcolo il bonus degli 80 euro introdotto da Renzi nel 2014).
La percentuale dell’anno scorso resta comunque superiore alla media europea, che si attesta intorno 40,2 per cento, quasi due punti percentuali in meno rispetto alla situazione italiana.
A ottobre 2018, nel Documento programmatico di Bilancio, il governo ha stimato che per il 2019 la pressione fiscale sarebbe rimasta sostanzialmente stabile (al 41,8 per cento) rispetto all’anno precedente, senza riduzioni rilevanti.
Il 27 dicembre 2018 – nei giorni dell’approvazione in Parlamento della legge di Bilancio 2019 – il presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio Giuseppe Pisauro, in audizione alla Commissione Bilancio della Camera, aveva però messo in dubbio questa previsione, dicendo che la manovra avrebbe in realtà aumentato la pressione fiscale fino al 42,4 per cento nel 2019 e al 42,5 per cento nel 2021.
A gennaio 2019, è stato lo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze a certificare l’aumento della pressione fiscale per quest’anno. Nell’Aggiornamento del quadro macroeconomico e di finanza pubblica, il governo ha stimato una crescita dal 41,9 per cento al 42,3 per cento (+0,4 per cento).
Nell’aprile del 2019, il Documento di Economia e Finanza (Def) ha poi rivisto ulteriormente questa stima. Pur prevedendo per il 2019 una lieve riduzione dello 0,1 per cento rispetto all’anno precedente, il governo stima che la pressione fiscale aumenterà fino al 42,7 per cento nel 2020 e nel 2021, per poi riscendere nel 2022 al 42,5 per cento. Un valore comunque più alto di quello del 2018 (che, come ricordato, si è attestato al 42,1 per cento).
In ogni caso, ad oggi si può dire che, nonostante quanto promesso dal Contratto, non ci siano state «coraggiose e rivoluzionarie» misure di riforma in campo fiscale, espressione che probabilmente fa riferimento all’introduzione di una flat tax voluta in primo luogo dalla Lega.
Fact-checking di approfondimento:
Le tasse sono aumentate di nuovo dopo sei anni, dice Gentiloni (21 marzo 2019)
Hanno detto che:
19 marzo 2019: «Non è discussione l’abbassamento delle tasse» (Luigi Di Maio, ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro)
28 dicembre 2018: «Abbiamo alleggerito la pressione fiscale per i cittadini» (Giuseppe Conte, presidente del Consiglio)
5 giugno 2018: «Sicuramente non siamo stati eletti per aumentare le tasse» (Matteo Salvini, ministro dell’Interno)